La truffa di Milano non ha nulla a che vedere con Bitcoin

Ieri il quotidiano italiano “Corriere della Sera” ha pubblicato un articolo dal titolo “Truffe Bitcoin a Milano". 

Bitcoin non ha alcun collegamento con esso

L'articolo racconta una truffa perpetrato contro un professore in Milano, sottintendendo fin dal titolo che si trattava di una truffa Bitcoin

Invece, come spesso accade in questi casi, Bitcoin non ha nulla a che fare con questo, perché viene utilizzato solo come a parola d'ordine dai truffatori per cercare di rendere meno dubbie le loro attività. 

Lo riporta il Corriere l'ingenuo professore aveva messo in vendita un computer su Internet. È stato poi contattato da un potenziale acquirente con il quale ha anche organizzato un incontro di persona. 

Sfortunatamente, il professore si fidava il falso acquirente perché “si presentava ben vestito, educato, affabile, rassicurante e abile con le parole”. 

La truffa riguardava il pagamento del computer. Il potenziale acquirente aveva infatti chiesto di non pagare in euro per non dover attendere cinque giorni per l'accredito del bonifico. I bonifici domestici non hanno questa tempistica, quindi era già possibile dubitare che si trattasse di un tentativo di frode. 

Il potenziale acquirente aveva giustificato questa anomalia affermando di avere la doppia cittadinanza e di fare affidamento su un conto corrente bancario Dubai

Il truffatore ha così proposto al professore di registrarsi su una piattaforma crypto, dove avrebbe ricevuto fondi in criptovalute convertibili in dollari. 

Il problema è che il professore non ha verificato che si trattasse di una piattaforma legittima, e quando è arrivato il momento di raccogliere i fondi ha scoperto che non era possibile, tanto che la stessa piattaforma richiedeva una quota associativa di oltre 3,000€ per abilitare i prelievi. 

Piattaforme truffa

Queste piattaforme sono vere e proprie truffe e spesso non hanno assolutamente nulla a che fare con le criptovalute, per non parlare di Bitcoin

Al contrario, è possibile che il truffatore fosse lui stesso un promotore della piattaforma, e avrebbe quindi guadagnato una percentuale delle somme che la piattaforma è riuscita ad estorcere allo sfortunato professore. 

Di solito ci sono altri modi per promuovere queste piattaforme, come le famose fake news che coinvolgono i nomi di varie celebrità a loro insaputa. 

La più famosa di queste fake news è quello che ha usato il nome del cantante Jovanotti, e questo è stato addirittura smascherato dal programma televisivo italiano “Striscia la notizia". 

Queste non sono affatto piattaforme crittografiche, ma semplici esche che fingono di mostrare cifre in criptovalute depositate presso di esse, ma invece semplicemente ingannano gli ingenui con bugie. 

È dubbio che il professore abbia effettivamente ricevuto un credito in criptovalute come pagamento per la vendita del suo computer: molto probabilmente si trattava solo di una bugia per cercare di estorcere i 3,000 euro richiesti per la registrazione. 

Infatti, è estremamente probabile che, anche se avesse pagato l'assurda somma richiesta per l'iscrizione, non avrebbe comunque potuto prelevare fondi che molto probabilmente non esistevano nemmeno in realtà. 

I Corriere l'articolo si conclude poi con un'affermazione al limite del ridicolo:

“soprattutto a Milano le criptovalute sono anche uno strumento della criminalità organizzata per muovere flussi economici illegali senza lasciare tracce”. 

Tutti Bitcoin è sulla catena le transazioni lasciano sempre una traccia pubblica su di essa blockchain, quindi è più che evidente che l'autore dell'articolo non è a conoscenza di come funziona davvero Bitcoin. 


Fonte: https://en.cryptonomist.ch/2022/06/22/scam-milan-nothing-bitcoin/