Legislazione e regolamentazione degli asset digitali in Italia

Ogni tanto è necessario fare il punto sullo stato dell'arte della legislazione e della regolamentazione in materia di asset digitali basati su blockchain (o DLT). Questo perché, sebbene i legislatori e le autorità di regolamentazione si muovano lentamente, non si muovono quasi per niente o mantengono più o meno determinate posizioni spesso preconcette. Il mondo delle tecnologie crittografiche di chi escogita applicazioni sempre nuove nei campi più diversi si muove alla velocità della luce e, di fatto, continuamente trasforma il campo di gioco.

La normativa italiana in materia di asset digitali

Ora, è stato scritto più e più volte, anche in questa colonna: 

  1. ad oggi non esiste un solo rigo o una sola parola nella normativa italiana che faccia espressamente riferimento all'art trattamento fiscale delle molteplici forme di reddito possibile da asset crittografici di qualsiasi natura;
  2. ad oggi non esiste una sola riga né una sola parola, a livello legislativo, espressamente dedicata alla tutela dei risparmiatori che decidano di investire in asset crittografici o in iniziative ad essi collegate, neanche con riferimento all'obbligo di requisiti soggettivi, di affidabilità professionale o finanziaria degli operatori, né con riferimento ad obblighi comportamentali (trasparenza, contenuti minimi delle comunicazioni, ecc.); 
  3. c'è un corpo impressionante di antiriciclaggio normativa, pervasiva ancor più delle disposizioni a livello europeo, che si occupa esclusivamente di valute virtuali (in un senso più ampio rispetto alle definizioni di diritto comunitario) e non considera, almeno non in termini espliciti, altre tipologie di asset crittografici o attività e transazioni relative ad altri tipi di risorse crittografiche
  4. due sono i progetti di legge presentati nei due rami del parlamento, che mirano a regolamentare il trattamento fiscale delle criptovalute, ma che non si occupano espressamente di nessun altro tipo di asset crittografico, e che molto probabilmente non sarà discusso prima dell'ormai imminente fine della legislatura.

All'interno di questo quadro normativo (che, come si vede, è estremamente carente), si producono atti a livello amministrativo, come il regolamento per l'istituzione dell'albo presso l'OAM per Vasp e Wsp, o una serie di atti interpretativi, per lo più dell'Agenzia delle Entrate, che finiscono per ledere direttamente la sfera dei diritti patrimoniali o rientrare nella sfera dei diritti fondamentali, tutelato a livello costituzionale o fonti sovranazionali europee (CEDU e trattati europei).

Ora, dato questo insieme di punti fermi (oggettivi e difficili da contestare), c'è una prima riflessione da fare. Vale a dire, che in Italia sembra che il livello decisionale politico abbia abdicato al proprio potere di stabilire anche le regole fondamentali su cui si pone l'equilibrio tra il perseguimento di determinati interessi (come quello dell'equa tassazione, la lotta all'evasione fiscale, o il lotta contro il finanziamento di attività illecite e terroristiche) e il sacrificio di diritti individuali che godono di esplicita tutela costituzionale o nei trattati europei devono essere calibrati.

Ovviamente si tratta del diritto alla privacy, del diritto di disporre liberamente dei propri beni, del diritto all'impresa, del diritto alla libera circolazione dei capitali, ecc.

La ricerca di questo equilibrio è delegata a organi amministrativi che incidono su tali posizioni attraverso l'adozione di provvedimenti normativi o autoritativi o anche semplicemente e direttamente in via applicativa, attraverso l'esercizio di un potere che appare solo come mera interpretazione delle regole, ma che in alcuni casi arriva addirittura a crearne di nuove che non trovano riscontro nel tessuto normativo.

La regolamentazione degli asset digitali è ancora un mondo da chiarire e sviluppare efficacemente

Come interviene la regolamentazione dei possessori di criptovalute

La seconda riflessione è che l'attenzione dei legislatori (dove scelgono di esercitare le proprie funzioni) è focalizzata esclusivamente sulle criptovalute e, ancor più chirurgicamente, sull'identificazione dei loro detentori. 

Questo tipo di attenzione, piuttosto che effettivamente diretta operazioni di intercettazione di riutilizzo di capitali di provenienza illecita, appare sempre più focalizzata sulla tracciabilità delle risorse degli utenti privati, mettendole a disposizione dell'Agenzia delle Entrate al fine di assoggettarle a forme di tassazione (tutte da discutere, in assenza di un quadro normativo chiaro e definito) e sanzioni. Inoltre, comporta una serie di vincoli che di fatto finiscono scoraggiando l'uso di valute virtuali come mezzo di pagamento. Il che ha l'effetto collaterale di spingere sempre più il suo utilizzo in chiave eminentemente speculativa.

Uno dei casi più emblematici è quello dell'iscrizione obbligatoria nel Registro OAM riservato a Vasp/Wsp. È infatti discutibile l'effettiva utilità di tale registro in tema di antiriciclaggio (dato che comporta la regolare trasmissione all'Organismo di soli dati aggregati sul piano economico); contribuisce infatti alla creazione di una sorta di registro fiscale di chiunque effettui transazioni in criptovalute. Infine, è palesemente privo di qualsiasi utilità in termini di tutela dei risparmiatori, poiché non implica la necessità di possedere requisiti abilitanti in termini di affidabilità professionale o finanziaria.

Ora, per quanto riguarda tutti gli altri asset crittografici (NFT in particolare) e le applicazioni innovative degli smart contract e delle tecnologie di contabilità distribuita, sembra che sia il legislatore che le autorità amministrative siano del tutto disinteressati. Inoltre, questi ultimi dovrebbero far rispettare norme che comunque non esistono.

Ciò porta a concludere che chi siede nelle sale di controllo non ha consapevolezza di cosa sia diventato oggi il settore economico e finanziario decentralizzato, con il creazione continua di nuove applicazioni, posti di lavoro e attività produttive di tutti i tipi da quando il primo Bitcoin è stato emesso e poi scambiato, ormai più di 13 anni fa. 

La quarta riflessione è che nei baratri lasciati da un tessuto normativo così carente, i grandi attori della finanza criptata spesso cercano di inserirsi, puntando ad innescare e condizionare il processo produttivo normativo, con massicce lobbying.

La mancanza di un quadro legislativo globale chiaro

Ora, ogni forma di stimolo che porti a un risveglio di sensibilità da parte del legislatore e, infine, alla produzione di normative che aiutino a raggiungere una certa certezza per operatori, investitori e utenti ordinari è certamente benvenuta. Tuttavia, in primo luogo, va rilevato che questi tentativi fino ad oggi non hanno prodotto risultati positivi, e finora non è stato adottato concretamente alcun provvedimento legislativo, né vi è stato alcun cambio di rotta sugli orientamenti, anche i più discutibili, manifestati da parte delle agenzie fiscali e di altre autorità di controllo e supervisione. Gli sforzi, quindi, non stanno dando frutti.

In secondo luogo, è stimolante che l'approccio, ancora una volta, si concentri sull'aspetto delle criptovalute come mezzo di pagamento, sulla loro circolazione e sulle relative questioni di conformità e tassazione. In altre parole, tutto al di là delle valute virtuali viene completamente ignorato: smart contract, NFTs, finanza decentralizzata, DAO, ICO, IEO e innumerevoli altre applicazioni sembrano non esistere affatto nella visione di coloro che stanno cercando di esercitare tutta la loro influenza sui decisori pubblici in modo che qualsiasi quadro normativo sia finalmente composto.

Verrebbe da pensare che questo approccio pagherebbe il prezzo per la natura di questi operatori particolarmente influenti, il cui baricentro è ancora posto sulle criptovalute, che sono portatrici di elementi di centralizzazione nel mondo del decentramento, e, non ultimo, che sono spesso supportati da consulenti il ​​cui altissimo livello di competenza è fuori discussione, ma che in molti casi lo sono professionisti di riferimento storico di gruppi bancari e finanziari convenzionali. 

Il che, anche se non si vuole dubitare della loro indipendenza, implica che portino con sé eredità consolidate che possono influenzare significativamente la loro visione complessiva e strategica. E questo proprio in un campo caratterizzato dalla necessità di pensare fuori dagli schemi.

Insomma, se oggi e nonostante tutto ci troviamo ancora a sentirci dire che manca una base minima di regole scritte, qualcosa dovrebbe dirci che occorre cambiare prospettiva e che forse si dovrebbe costruire un diverso percorso di riavvicinamento tra coloro che hanno visioni opposte e interessi divergenti.

Questo sta accadendo per evitare che il palpito creativo dell'innovazione tecnologica e concettuale del mondo della criptoeconomia venga castrato dalle paure di un altro mondo: quella di chi non riesce a cogliere il potenziale degli sviluppi futuri

Perché come dice un famoso proverbio, “Quando soffia il vento del cambiamento, alcune persone costruiscono muri e altri costruiscono mulini a vento".

Fonte: https://en.cryptonomist.ch/2022/06/10/legislation-regulation-digital-assets/