Framework e staking RW, tanti dubbi da risolvere- The Cryptonomist

Con le tre risposte all'interpello n. 956-448/2022, 957-221/2022 e 956-771/2022, l'Agenzia delle Entrate, oltre alla questione che attiene al obblighi di monitoraggio e compilazione del modulo RW, ha affrontato il tema dell'inquadramento ai fini fiscali del reddito ottenibile come profitto dall'attività di staking.

Anche in questo caso le interpretazioni lasciano spazio a molti dubbi.

Nei casi affrontati in queste due risposte alle interpellanze, i contribuenti (rispettivamente piattaforma e utente) hanno presentato all'IRS una domanda su come inquadrare il reddito percepito come corrispettivo per le attività di staking.

Va chiarito che ai fini della domanda, per attività di staking si intendeva il blocco delle criptovalute detenute che la piattaforma avrebbe poi impiegato nel processo di staking vero e proprio, finalizzato al raggiungimento della Proof of Stake, in cambio di una "ricompensa".

Tecnicamente, come è noto, l'entità del “premio” erogato a seguito dello staking è variabile ed è condizionata da una serie di fattori: uno di questi è l'importo complessivo che viene messo a disposizione del processo, ma anche la scelta della blockchain specifica in cui vengono collocati i token messi in staking è una variabile determinante.

Ora, nell'interpretazione data sia dalla piattaforma che dall'utente, i proventi percepiti dovrebbero essere qualificati come proventi vari, pertanto, ai sensi dell'articolo 67, co. 1, lettera c-ter) e co. 1-ter, del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi, di cui al DPR n. 917/1986). In tal modo, sta essenzialmente accettando l'idea che le criptovalute debbano essere equiparate alle valute estere (un argomento che si presta a molte critiche) e presumendo che i proventi derivati ​​siano trattati come plusvalenze da essi generate.

L'Agenzia delle Entrate italiana, invece, la vede diversamente.

Il punto di vista dell'Agenzia delle Entrate: modulo RW e staking reddituale

Dopo shavasana, sedersi in silenzio; saluti; pubblicando la prima parte inerente ai commenti e chiarimenti della compilazione del modulo RW, questo articolo tratterà la seconda parte dell'analisi. 

Secondo l'Agenzia delle Entrate, tale tipologia di reddito va inquadrata nella tipologia dei redditi da capitale, che trovano la loro disciplina nell'art. 44 del TUIR, e nel caso specifico, nel comma 1 lettera h).

Secondo le autorità fiscali, questa tipologia di reddito dovrebbe essere qualificata allo stesso modo di:

"interessi e altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l'uso del capitale, esclusi i rapporti attraverso i quali possono realizzarsi differenziali positivi e negativi in ​​dipendenza di un evento incerto".

A sostegno di questa precisazione, la risposta all'interpellanza cita una precedente circolare, n. 165/E/98, piuttosto datata.

Il punto essenziale della tesi sostenuta dall'Agenzia delle Entrate sarebbe che non è necessario che il reddito prodotto sia determinato o predeterminabile, e questo includerebbe un reddito non legato a parametri prestabiliti, poiché l'esistenza di qualsiasi rapporto che coinvolge il l'uso del capitale sarebbe sufficiente, a prescindere da un nesso di natura corrispettiva tra il contributo per il godimento del capitale e il reddito percepito.

Le conseguenze di questa interpretazione sono abbastanza significative perché implica che le tasse non vengono pagate, come nel caso delle plusvalenze generate dagli scambi di criptovalute, se si raggiungono soglie minime (la capacità sui conti del famoso 51,649.69 euro per 7 giorni continuativi) e operazioni di cash-out, ovvero conversione in valuta fiat, spese, ecc.

Se si segue questo tipo di approccio, la tassazione avviene sul reddito, con ritenuta applicata dalla piattaforma sull'eventuale reddito maturato per effetto dello staking.

Inutile dire che questo tipo di interpretazioni ha un impatto significativo sui contribuenti, sia in termini economici che in termini di obblighi di segnalazione.

C'è da aspettarsi che, sulla scia della guida dell'IRS, molti finiranno per conformarsi. Pochissime le voci di dissenso sulla qualificazione dello staking come reddito da capitale secondo le ricostruzioni dell'Agenzia delle Entrate.

Quasi tutte le testate specializzate in fiscalità, ma anche su tematiche crypto, si sono limitate a riportare le linee guida senza fare commenti critici.

staking criptovalute
Molta incertezza su come gestire il reddito da staking di criptovaluta

Dubbi su come affrontare la tassazione dello staking, inerente alla compilazione del form RW

L'argomento che lo staking reddito sarebbe reddito da capitale ha numerosi punti di debolezza.

Prima critica

Il primo è il presupposto che i token o le criptovalute che hanno contribuito allo staking possano essere correttamente qualificati come "capitale".

C'è spesso la tendenza a trattare una transazione di criptovaluta allo stesso modo di una transazione finanziaria ma, soprattutto quando vengono utilizzati determinati tipi di token che hanno una funzione pura o predominante, come i token di utilità, questo approccio può essere seriamente messo in discussione.

Naturalmente non aiuta il fatto che non esista una nozione specifica di “capitale” ai fini fiscali, per non parlare del fatto che anche nella dottrina economica la definizione di capitale è una delle più controverse: le varie scuole di pensiero, come quella classica uno di Adam Smith e John Stuart Mill, forniscono definizioni molto distanti, ad esempio, dalle nozioni concepite da Marx, Carl Menger o JA Schumpeter e Waltras.

Tutti, però, pongono alla base una connotazione finanziaria o monetaria che non sempre e non necessariamente corrisponde alla natura dei token che di volta in volta possono essere impiegati in un'operazione di staking.

In poche parole, dire che indiscriminatamente tutte le transazioni di staking o una particolare transazione di staking costituiscono una forma di "uso del capitale", che costituisce un prerequisito per l'applicazione dell'art Articolo 44 TUIR, non è cosa che si possa fare in due parole, come ha fatto l'Amministrazione Tributaria, che nei due atti di pratica lo presume scontato e addirittura implicito.

Seconda critica

Ma c'è una seconda, e ancor più significativa, caduta del ragionamento, che costituisce un serio ostacolo all'attrazione dello staking reddito nella sfera del reddito da capitale.

Questo ostacolo risiede nel passaggio dell'articolo 44 che afferma che la portata dei redditi da capitale è:

"escludendo le relazioni attraverso le quali possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in ​​dipendenza di un evento incerto".

Tale tipologia di problematiche viene infatti aggirata dal Fisco italiano attraverso il rinvio della Circolare 165/E/98, nella quale si tenta di ampliare il campo di applicazione della disciplina sui redditi da capitale includendo anche i redditi percepiti sulla base di rapporti che danno luogo a un rendimento di natura variabile, indipendentemente dal fatto che il reddito sia predeterminato o predeterminabile, e pari, indipendentemente da qualsiasi forma di corrispondenza tra il capitale impiegato e il reddito maturato.

Tuttavia, lo staking, oltre alle molte variabili legate al tipo di blockchain e alla natura degli accordi contrattuali con la piattaforma a cui vengono conferiti i token o le criptovalute, ha una componente intrinseca di casualità che l'IRS, nei documenti di pratica esaminati, sembra non averne assolutamente tenuto conto.

A livello teorico, non è affatto certo che, partecipando ad un'attività di staking, si voglia vieni a ottenere la ricompensa simbolica.

Ciò che può portare alla ricompensa a favore di un determinato staker, infatti, assume la forma di un evento futuro e incerto, il cui esito dipende dalla competizione tra gli stakers nel processo di validazione noto come Proof of Stake.

Se tale presupposto è corretto, e lo è certamente, allora il rapporto contrattuale tra utente e piattaforma, attraverso il quale può realizzarsi un differenziale positivo (per usare l'espressione contenuta nell'art. 44 del TUIR), dipende da cosa a norma di legge è qualificato come “evento incerto”.

Ciò implica che il reddito così maturato deve considerarsi per legge escluso dalla nozione di reddito da capitale.

La contraddizione dell'Agenzia delle Entrate

Anche nell'affrontare questo tema, l'Agenzia delle Entrate fornisce quindi indicazioni che finiscono per sovrapporsi al dettato normativo in maniera contraddittoria e incoerente.

Il problema è che attraverso le interpretazioni “creative” dell'Agenzia delle Entrate si infliggono vere ferite al tessuto normativo e viene minato anche il rapporto di leale collaborazione con il contribuente.

Con pratiche come quelle esaminate si impongono infatti obblighi tributari che non sono esplicitamente e chiaramente previsti dalla legge e, inoltre, sono modulati a piacimento.

Ciò si traduce in un esercizio arbitrario di quelle che dovrebbero essere funzioni meramente esecutive in capo all'Amministrazione, e si finisce per sconfinare silenziosamente nell'ambito della funzione legislativa, dato che in materia tributaria solo il legislatore può stabilire i confini degli obblighi fiscali.

I professionisti (avvocati fiscali, commercialisti, consulenti fiscali) sono ormai abituati a queste pratiche “creative” e additive dell'Amministrazione Tributaria, non solo nell'ambito della cryptocurrencies.

Sono chiaramente più frequenti quando il quadro giuridico pertinente è carente o difficile da interpretare.

Ed è per questo che, nonostante l'imminente adozione di normative europee (che non trattano la sfera fiscale, riservata agli Stati membri quando non si tratta di imposte armonizzate, come l'IVA), l'adozione di una specifica normativa fiscale per le valute sono urgentemente necessarie.

L'intervento del legislatore, a lungo insistito, non è mai avvenuto.

Vedremo cosa porterà la nuova legislatura, ma non ci sono segnali che consentano ottimismo.

Fonte: https://en.cryptonomist.ch/2022/09/23/rw-form-staking-many-doubts-resolved/